Preludi e Fughe

CONCERTO IN FORMA SCENICA

Musica Dmitri Šostakovič: 24 Preludi e Fughe op. 87 ( 1, 5, 7, 12, 13, 14, 16, 24 ) / Eseguiti dal vivo da Roberto Prosseda
Coreografia: Simona Bucci
Interpreti: Luca Campanella, Daniel Cantero, Roberto Lori, Carlo Mauro Maggiore, Paolo Mereu, Giovanni Scarcella, Hal Yamanouchi
Light designer: Gabriele Termine
Direttore di scena: Saverio Cona
Allestimento scenico e costumi: Simona Bucci
Organizzazione e distribuzione: Marika Errigo
Comunicazione e promozione: Giedre Bagdziunaite
Produzione Compagnia: Simona Bucci
Commissione e Coproduzione: Stresa Festival
Con il contributo di: MIBAC, dip. dello spettacolo dal vivo, Regione Toscana / Residenza Parc Performing Arts Research Center/Fondazione Fabbrica Europa per le arti Contemporanee

 

si ringrazia Fabio Bacaloni

Dmitri Shostakovich è una delle voci più ispirate e peculiari tra i compositori del Novecento. Ha dimostrato come sia possibile comporre musica di profonda originalità e indipendenza poetica, dosando sapientemente sarcasmo, ironia, beffa, in un clima spesso incantato e irreale.
I 24 Preludi e Fughe op. 87 (1950-51) sono l’opus magnum di Shostakovich e hanno lasciato un segno profondo nel repertorio pianistico del
Novecento. Scritti in un linguaggio essenzialmente tradizionale, spesso derivato direttamente da esempi bachiani (in particolare dai 48 Preludi e Fughe del Clavicembalo ben temperato), suonano ancor oggi estremamente moderni. I contenuti emotivi si basano non tanto su idee musicali intrinseche, uanto soprattutto su riferimenti “metamusicali”, ossia su stilemi e modelli preesistenti che il pianoforte è perfettamente in grado di far riemergere alla memoria dell’ascoltatore. uesto meccanismo consente a Shostakovich di adottare una complessa simbologia, spesso legata a mondi arcani ed esoterici, per rendere atmosfere di grande intensità, in cui conluiscono il grottesco e il tragico, il misticismo e lo sberleffo. Dal punto di vista suisitamente musicale, tali abissi espressivi sono raggiunti grazie a un uso attento e selettivo dell’armonia: l’autore spesso riduce la freuenza delle modulazioni per soffermarsi su determinate tonalità, prediligendo seuenze accordali spesso dettate più da esigenze coloristiche che non da una logica strutturale. Anche la scrittura pianistica segue un analogo criterio, andando a scavare nelle regioni più gravi dello strumento, o indugiando su particolari risonanze che esaltino una percezione dilatata dello spazio e del tempo. Si crea così una realtà incantata in cui la lentezza dei tempi assume una connotazione di sospensione, e le complesse sovrapposizioni delle voci suonano come ineluttabili disegni del fato.

[Roberto Prosseda]

“We did not come to remain whole.
We came to lose our leaves like the trees,
Trees that start again, Drawing up from the great roots.”

 

[Robert Bly]

 

Le atmosfere dalla musica di Shostakovich evocano luoghi dell’essere, stati di ombra, aneliti, ma anche giochi, leggerezza e sogno. Panorami emotivi, tessiture e tasselli di una unità della molteplicità. Sette presenze maschili condividono con il pianista uno spazio e un tempo, nel costante inarrestabile mutamento del divenire. Testimoni di frammenti di realtà distillati dall’esperienza e natura individuale. I gesti trovano identità e deinizione dall’osservazione e dall’analisi delle forme originarie delle esperienze del singolo e della collettività. Identità affermate ma pronte a negarsi in favore del cambiamento, ponendosi pensieri e coltivando i dubbi più che le certezze.

[Simona Bucci]